Ho conosciuto Antonina da ragazzino durante qualcuno dei suoi rari rientri in Italia a Cognento. All’epoca la missionaria Antonina Neri appariva a me, come credo ai miei compagni, una sorta di donna ideale, un’eroina o una santa …, una che aveva lasciato la famiglia, una vita tranquilla e agiata per aiutare i poveri in un paese lontano.
Nell’ottobre 2011 ebbi la fortuna, assieme a mia moglie, di essere suo ospite nella sua casetta a Fazenda Grande do Retiro (Salvador de Bahia).
Ho conosciuto una donna straordinariamente umana e appassionata di umanità.
Una donna coraggiosa, caparbia, forse anche orgogliosa che non aveva accettato di fare parte di una congregazione religiosa “non sono fatta per la vita comunitaria” ma nel contempo aperta al mondo: la sua casa era aperta a tutti, “purchè abbiate il biglietto di ritorno” amava ripetere con un pizzico di ironia. E di tutti si metteva al servizio.
Una donna molto determinata e con le idee molto chiare, che non amava “fare la carità” ma che ha aiutato migliaia di donne ad emanciparsi fornendo loro gli strumenti per fare un lavoro redditizio (come i ricami al tombolo) e chiedendo in cambio l’impegno a fare studiare i figli.
Una donna umile che parlava di sé senza timore e poteva raccontare con serenità dei contrasti avuti con la famiglia a causa delle sue scelte e in particolare con la mamma da cui però ebbe una grande lezione quando scoprì che la mamma le aveva pagato le “marchette” permettendole così una buona pensione perché “il bene si può fare di nascosto”.
Una donna capace di condividere fino al punto di con-fondersi con i fratelli e le sorelle brasiliani tanto da disporre che alla sua morte le ceneri del suo corpo fossero disperse nella Baia do Todos Santos, una sorta di grande abbraccio alla sua Salvador.
Giorgio Magnani