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SERMIG, RAGAZZI 2003

Pubblicato da Redazione il 22 Novembre 2019

Tutto iniziò più o meno a marzo, quando gli educatori lanciarono la proposta estiva: non in montagna e neanche al mare, ma a Torino, al Sermig, Servizio Missionario Giovani.
In pochi sapevano cosa fosse, ma nonostante i dubbi, avevamo deciso di credere nella nuova proposta e di iscriverci a questo campeggio diverso dal solito.

La sorpresa è arrivata a giugno: durante una riunione è stata lanciata dagli educatori l’idea di fare tre giorni di cammino da Colle don Bosco alla Basilica di Superga e arrivare al Sermig a piedi. Così, tra sbuffi e ripensamenti, era arrivato il giorno della partenza. L’esperienza con i campi degli anni precedenti ci aveva insegnato che è sempre meglio partire senza troppe aspettative, per evitare di rimanere insoddisfatti. Infatti, tra sveglie prima dell’alba, camminate infinite sotto l’ardente sole di agosto e pranzi a base di panini che più tironi non se ne potevano trovare, ci siamo accorti che in realtà avevamo intrapreso un viaggio fuori e dentro di noi.

Avevamo l’obiettivo di aiutarci a essere consapevoli del fatto che la stanchezza che proviamo noi è la stessa che sentono anche gli altri e se camminiamo insieme, dandoci la mano, tutta la fatica sarà ripagata dal sorriso di chi ci sta intorno. Accompagnati dalle tappe fondamentali della vita di don Bosco e dagli incontri proposti dagli educatori in cui abbiamo potuto riflettere su alcuni temi caldi a noi molto cari, siamo finalmente arrivati al Sermig. Una ragazza della fraternità di nome Chiara.

“ognuno di noi è importante per il raggiungimento di uno scopo comune”

Chiara ci ha accolti e guidati nella scoperta dei momenti fondanti di questa realtà: nato dai capannoni abbandonati dell’ex arsenale di guerra di Torino, l’Arsenale della pace è stato costruito grazie al volontariato di giovani che hanno creduto nel progetto di Ernesto Olivero: combattere la fame nel mondo. Col passare degli anni gli orizzonti si sono notevolmente ampliati e il Sermig è arrivato a creare un’immensa rete di aiuti umanitari che raggiungono molte zone del mondo, la quale a sua volta non esisterebbe senza i notevoli aiuti che vengono dall’esterno.

La nostra giornata incominciava alla mattina con il momento di preghiera e riflessione sulla Parola, in seguito al quale giorno per giorno ci sono stati proposti degli incontri incentrati su temi che ci hanno toccato e sono stati spunto di una riflessione che ancora oggi abbiamo modo di portare avanti. Gli stessi incontri venivano affrontati separatamente da ragazzi ed educatori, divisione alla quale non eravamo abituati, ma che comunque ci ha dimostrato il nostro essere in grado di intessere un dialogo con Chiara anche senza la guida dei nostri educatori.

Al pomeriggio, invece, abbiamo avuto l’opportunità di improvvisarci falegnami, contadini e cuochi o aiutare alcuni ragazzi del quartiere a svolgere i compiti delle vacanze per poi giocare e divertirsi insieme: tutto ciò ci ha permesso di entrare in contatto con una realtà diversa dalla nostra e aprire gli occhi sul fatto che non tutti vivono la vita che noi abbiamo avuto la fortuna di ricevere, ma possiamo diventare colonna portante della vita di qualcun altro.

Una sera ci è stato affidato il compito di servire la cena: questo ci ha aiutati a capire che il mettersi al servizio degli altri non vuol dire privarsi di qualcosa che ci appartiene, ma lasciarsi riempire dal sorriso di chi ti ringrazia del lavoro che stai facendo per lui. Momenti cardine sono stati la messa iniziale e finale, entrambe ricche di momenti simbolici, e l’incontro con Ernesto Olivero.

Alla fine ciò che ci è rimasto dentro di quest’esperienza è la consapevolezza che ognuno di noi è importante per il raggiungimento di uno scopo comune e sono proprio le differenze a renderci unici e insostituibili: come i colori complementari le nostre personalità si completano a vicenda e solo se ci mettiamo al servizio degli altri saremo in grado di capire qual è il nostro ruolo all’interno dell’immenso puzzle che è la vita.

Educatori 2003

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