Educatori ‘99 – 2000
Educatori ‘99 – 2000
Siamo partiti il 3 agosto in macchina e pulmino alla volta dei Balcani.
Un gruppetto di ragazzi del ‘99/2000 insieme agli educatori in cerca di un viaggio diverso dal solito, in una meta non proprio turistica, ma per cercare di conoscere meglio una terra molto vicina a noi, ma molto distante per le vicissitudini storiche accadute negli scorsi decenni.
Dopo una notte di sosta a Zagabria, siamo arrivati a Srebrenica in Bosnia, dove abbiamo visitato il luogo in cui è avvenuto il genocidio di oltre 8000 musulmani-bosniaci, per la maggioranza ragazzi e uomini, nel luglio del 1995.
Nella zona dove avvenne il massacro, oggi sorge un memoriale, uno spazio per la preghiera e il ricordo. Da un lato il cimitero, con il muro commemorativo con i nomi delle vittime, dall’altro il museo dove sono esposte foto e video che testimoniano ciò che è accaduto.
A Srebrenica siamo stati accolti da Irvin, un ragazzo che ha vissuto 20 anni in Italia e nel 2017 ha deciso di tornare a Srebrenica per collaborare alla ricostruzione della città, costituendo un progetto che punta a scardinare gli stereotipi su Srebrenica, aumentare il turismo e soprattutto ad accrescere la condivisione e la cooperazione dei suoi cittadini.
Sempre a Srebrenica, il mattino dopo abbiamo fatto visita alla Cooperativa Insieme che riunisce circa 500 famiglie della zona raccogliendo more, lamponi e mirtilli per produrre succhi e marmellate. Il suo intento è proprio quello di far collaborare le famiglie della zona, stimolare il dialogo e l’unione. Alcuni dei loro prodotti li potete trovare anche alla Coop (cercate i “Frutti di Pace”, sono buonissimi!).
Nel pomeriggio ci siamo spostati a Sarajevo e dopo esserci sistemati in ostello siamo riusciti a visitare una parte della città e a cenare in un ristorante caratteristico.
“Grazie alla sua testimonianza abbiamo potuto comprendere meglio cosa ha significato la guerra per Sarajevo”
Il mattino seguente abbiamo incontrato il generale Jovan Divjak (autore del libro Sarajevo Mon amour) che durante l’assedio di Sarajevo e durante tutto il corso delle Guerre jugoslave, nonostante le sue origini serbe, si è apertamente schierato con bosniaci, croati e numerosi altri serbi a difesa di Sarajevo e della Bosnia-Erzegovina dalle truppe di aggressione serbe desiderose di impedire la creazione di uno stato bosniaco multietnico ed indipendente.
Grazie alla sua testimonianza abbiamo potuto comprendere meglio cosa ha significato la guerra per Sarajevo, come hanno resistito durante l’assedio e quanto ci sia ancora da fare per ripristinare la convivenza pacifica tra le diverse etnie.
Quello stesso pomeriggio e il mattino dopo abbiamo continuato la visita della città, compreso il Tunnel, che durante l’assedio, passando al di sotto dell’area neutrale dell’aeroporto istituita dalle Nazioni Unite, permise alle riserve alimentari e agli aiuti umanitari di raggiungere la città, e alla popolazione di fuggire.
Penultima tappa del nostro viaggio è stata Mostar, con il suo celebre ponte (Stari Most) che nel 1993, durante il conflitto, venne distrutto perché divideva la città in due: quella a maggioranza cristiana e quella a maggioranza musulmana. Entrambe le fazioni, sia la croata che la serba, vedevano un simbolo nel ponte e nell’area storica nelle sue vicinanze, una parte integrante della cultura bosniaca, da distruggere in quanto tale.
Lo Stari Most è stato riaperto il 22 luglio 2004 e celebrato come simbolo di riconciliazione fra le comunità cristiane e musulmane dopo gli orrori della guerra.
Infine, prima di fare ritorno a casa, ci siamo concessi un paio di giorni di mare e relax in Croazia a Fiume (Rijeka), per chiudere in bellezza questo viaggio, breve ma intenso e interessante.