Dal 1993 Don Ermanno, non ancora sacerdote inizia numerosi viaggi nei paesi balcanici colpiti dalla guerra. I bambini sono sempre stati al centro del suo impegno e da qui deriva il nome della fondazione “Il Giardino delle Rose Blu”, che lui stesso definisce “un fiore unico e raro che in natura non esiste se non per mano dell’uomo così da rappresentare quei bimbi indifesi, preziosi e pieni di bisogno”.
Dal 2002 nasce l’associazione che dà vita a una catena di solidarietà a favore dei paesi dell’est in via di sviluppo, con una attenzione particolare ai più piccoli: l’impegno maggiore dell’associazione è focalizzato sull’Ospedale Pediatrico di Gornja Bistra, una casa di cura nei pressi di Zagabria che ospita circa un centinaio di pazienti affetti da patologie croniche e genetiche, garantendo attraverso il Campo Permanente una presenza costante di volontari durante tutto l’anno, che partono ogni settimana da varie zone d’Italia per incontrare, conoscere e prendersi cura delle rose blu insieme alle infermiere e ai volontari croati.
Nel mese di Luglio, per una settimana, i ragazzi e gli educatori del gruppo 2001 hanno intrapreso questa esperienza e con le nostre parole proveremo a farvi entrare in una realtà inusuale, apparentemente irrealistica perché lontana da ciò che siamo abituati a vivere di solito, ma che fa toccare con mano l’umanità in tutta la sua fragilità. Proprio mettendoti di fronte ai limiti tuoi e dei bambini, le “Rose Blu”, ti fa rendere conto di quanto ogni vita, anche la più silenziosa, in realtà sia meravigliosa e capace di farti scoprire un nuovo mondo e di dirti tanto senza bisogno delle parole.
“Il viaggio di andata è stato molto lungo (11 ore). Durante il viaggio, nella mia mente c’era questo pensiero: forse sarà questa la parte migliore della vacanza. Poi ho cambiato totalmente idea” dice Sofia.
Nicola: “La prima impressione è stata senza dubbio di stupore, perché si vedono cose che non siamo abituati a vedere spesso, anzi non si vedono quasi mai. Ho provato subito pena per le Rose Blu, sensazione, però, svanita nel giro di poco tempo.”
Jessica, educatrice: “L’impatto con le Rose Blu è stato forte. Vederli in un corpo così diverso dal mio è stato intenso. All’inizio avevo paura di essere guardata da loro, perché non avrei saputo come rispondere a quegli occhi, ma poi lì mi sono resa conto che per rispondere a quella voce che ti chiama, a quella mano che ti tocca, a quegli occhi che ti fissano non c’è bisogno di nulla: non ti chiedono nulla di più di quello che già è dentro di te, ma che forse tu ancora non sai di avere.”
Com’era la vostra giornata tipo?
Sofia: “Ci svegliavamo alle 7 e mezza, colazione e poi andavamo in ospedale dove c’era la possibilità di aiutare le infermiere con i bagnetti (per chi se la sentiva), mentre tutti avevamo il compito di dare le colazioni. Dopodiché ognuno prendeva un bambino e stavamo insieme a loro fino all’ora di pranzo. Prima di tornare nella casetta in cui alloggiavamo, davamo loro il pranzo e poi andavamo a riposarci fino alle 15,45. A quell’ora tornavamo in ospedale per trascorrere il pomeriggio insieme alle Rose Blu, infine alle 18 davamo la cena e andavamo nella nostra casetta.”
Qual è stato il momento più felice e come consideravi la felicità a Gornja Bistra?
Matilda: “Anzitutto credo che un singolo momento più felice non ci sia stato. La felicità dentro all’ospedale è inspiegabile, la puoi trovare lì dentro e basta. Mi sono resa conto della bassezza dei nostri discorsi, delle cose che viviamo quotidianamente; infatti, i bambini di Gornja, sono posti di fronte a difficoltà enormi, ma riescono a trovare la felicità in gesti piccolissimi, che noi spesso diamo per scontato. Quindi non potevo non essere felice anche io”.
Tommaso: “Io mi porto a casa un amore incondizionato, un amore che davvero non ha filtri e per me, questa è una cosa fantastica”.
Laura: “A Gornja ho trovato la pace nel caos, là ho trovato un posto dove mi sentivo spensierata, dove mi sentivo libera in pace con me stessa e con gli altri, in mezzo comunque alla confusione dell’ospedale. Tornerei subito da loro.”
Sicuramente l’esperienza a Gornja ha lavorato molto dentro di noi mentre eravamo là, ma ancora di più quando siamo tornati a casa: ogni tanto ritorna con una potenza assurda che non è sempre facile da gestire.
A Gornja ci siamo rivisti con occhi diversi, ci siamo riscoperti e abbiamo sperimentato un amore incondizionato e una felicità pura che forse non avevamo mai provato e trovato da nessun’altra parte.
La voglia di tornare là è tanta, ma è proprio questa la sfida più grande: riuscire a trovare una collocazione dentro di noi di quello che abbiamo vissuto là, perché Gornja non può rimanere semplicemente una bellissima esperienza che possiamo rivivere solo andando in Croazia.
Gornja è il punto di origine dove si è smosso qualcosa di diverso dentro ognuno di noi e abbiamo raggiunto certe consapevolezze, ma la vera sfida è ritrovarle qui e soprattutto viverle qui nella propria vita di tutti i giorni, nonostante i ritmi frenetici che a volte rendono difficile fermarsi e concentrarsi su quello che davvero ha senso e dà senso alla nostra vita.
Gli Educatori e C. Bigi.